Di Teo Petruz, Associazione MEC.
Una parola che negli ultimi anni torna sempre più spesso quando si parla di videogiochi è “microtransazioni”. Ma cosa sono? Sono dei piccoli acquisti fatti all’interno del gioco usando una valuta reale, per acquistare beni digitali. Questi beni possono essere di diversa natura, e dipende da gioco a gioco. Si va dagli oggetti puramente estetici (le cosiddette skin) per il proprio personaggio, a oggetti che danno un vantaggio competitivo negli scontri online con altri giocatori, a “energia” per continuare a giocare senza attendere i tempi di ricarica (quest’ultimo è più spesso collegato a giochi su smartphone e tablet)
Spendere per giocare?
Perché fare microtransazioni?
Diversi aspetti entrano in gioco quando si cerca un perché al successo di questo modello di business.
In primo luogo, essendo “micro” transazioni, le somme spese sono contenute, molto minori rispetto all’acquisto di un gioco.
Spesso, inoltre, i videogiochi che pongono la loro base sulle microtransazioni sono quelli che sono “free to play”, ossia gratis da scaricare e giocare. In questo modo, mancando una spesa iniziale, più persone sono tentate dal provare il gioco e, se lo apprezzano, a spenderci ripetutamente piccole somme per avere dei benefici al suo interno.
Altro elemento è la conversione: quasi mai le microtransazioni presentano un prezzo in Euro, bensì chiedono al giocatore di comprare una valuta separata con cui poi effettuare gli acquisti.
V-Bucks, Gemme, Robux, Crediti sono solo alcuni nomi che vengono usati per indicare queste valute; la conversione fa perdere di vista il vero valore del denaro.
Questo è soprattutto vero nel caso di bambini, che non hanno ancora un chiaro concetto del valore dei soldi e potrebbero trovarsi a spendere dalle carte di credito dei genitori senza realmente capire quello che stanno facendo; ma è un effetto così forte che anche adolescenti e adulti si trovano a spendere inconsapevolmente più di quanto avrebbero voluto.
Come genitore, a cosa devo stare attento?
Per prima cosa, assicurarsi che i dispositivi su cui gioca mio figlio non abbiano collegata una carta di credito o di debito. Se mio figlio gioca sul mio smartphone o tablet su cui ho collegato una carta di credito il rischio è quello che, anche senza rendersene conto, si trovi in pochi tocchi a spendere denaro. Senza un controllo e una supervisione del gioco, la spesa rischia di diventare presto eccessiva. Il bambino quindi dovrebbe giocare su dispositivi che non abbiano un diretto accesso a carte o conti bancari, e possibilmente con un suo account bambino e non con l’account dei genitori.
Cosa fare se troviamo spese non previste?
Per prima cosa bisogna contattare la propria banca o gestore della carta, per rifiutare la transazione. È possibile anche provare a cercare se è disponibile un servizio clienti per il videogioco nel quale si è svolta la microtransazione, così da chiederne il rimborso. In ogni caso, rimuovere le forme di pagamento dal dispositivo per evitare il ripresentarsi del problema in futuro.
Quanti soldi girano con le microtransazioni?
Ma davvero si spendono soldi per queste cose?
Per avere un dato recente, lo sviluppatore Epic Games ha annunciato che avrebbe donato ad un fondo umanitario per l’Ucraina tutti i guadagni del suo videogioco di punta, Fortnite, per due settimane.
Durante la prima settimana dell’iniziativa, sono stati raccolti più di 100 milioni di dollari.
Fortnite non è un esempio casuale, in quanto il gioco è scaricabile in maniera completamente gratuita, e i guadagni sono composti dalle sole microtransazioni fatte dai giocatori all’interno del gioco, non dall’acquisto del gioco stesso
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